Le balbuzie: quando è il momento di contattare uno specialista
Mi figlio balbetta, sono preoccupato!
Mio figlio continua a ripetere l’inizio delle parole, devo correggerlo?
Mia figlia “si inceppa” quando parla, cosa posso fare?
Un giorno, quando vi trovate ad ascoltare vostro figlio parlare vi accorgete che il suo linguaggio non è più fluente come prima, ha iniziato a balbettare. Vi guarda, vi sta parlando, ma ad ogni parola si inceppa…cosa fare in questi casi? Quando è il momento di contattare una logopedista?
Questa settimana vorremmo affrontare con voi un nuovo tema: quello delle balbuzie insorte in un momento specifico della vita del vostro bambino.
Affronteremo l’argomento da un punto di vista psicologico and scientifico
in caso di ulteriori dubbi o approfondimenti scrivete a Giulia Amorotti
Le balbuzie transitorie
Per prima cosa vogliamo chiarire un aspetto: ci sono bambini che soffrono di balbuzie (cioè balbettano da tempo, hanno iniziato a balbettare tra i 2 e i 7 anni) e bambini che possono, in alcuni periodi della loro vita, mostrare brevi fasi di balbuzie. Nella prima parte del blog parleremo proprio di questo secondo aspetto, le balbuzie transitorie.
Molti genitori si chiedono se le balbuzie, soprattutto quelle transitorie, siano legate a una brutta esperienza emotiva o sociale (sarà successo qualcosa che lo ha traumatizzato e lui non vuole parlarne?).
In effetti può succedere che situazioni sgradevoli per il bambino rompano il delicato equilibrio psico-emotivo mettendo in evidenza i sintomi della balbuzie, caratterizzati da pause, interruzioni, prolungamenti, ripetizioni di sillabe o di singoli fonemi, indice di un disagio.
La balbuzie potrebbe quindi essere vista come una sorta di iceberg, dove il linguaggio non è che solo la punta visibile. Nella maggior parte dei casi parlando con il bambino e mettendo in atto in consigli che vi presentiamo i sintomi si riducono entro i 6 mesi.
Cosa dice la scienza riguardo alle balbuzie?
Semplificandone le motivazioni, è come se dipendesse dal fatto che la velocità con cui le idee affollano la mente fosse superiore alla capacità di esprimerle tramite il linguaggio.
Inoltre l’eccessiva emotività (ad esempio in bambini molto sensibili) può ostacolare, in alcune occasioni o momenti della vita particolarmente stressanti, la capacità di comunicare.
Da molti anni e con diversi studi si è cercato di dare una spiegazione circa le cause delle balbuzie e ci sono ancora molte ipotesi al riguardo. Sicuramente un ruolo importante nel dinamismo della balbuzie è svolto dalle emozioni. Esistono interessanti ricerche condotte con bambini con balbuzie in età prescolare che mostrano l’esistenza di differenze di attitudine e situazionali rispetto a chi non balbetta. Alcuni casi hanno dimostrato come i bambini disfluenti mostrassero risposte emozionali più forti rispetto ai normofluenti in risposta a conversazioni che generassero forti emozioni come gioia e rabbia.
Ma cosa significa?
Significa che la maggior parte delle ricerche evidenzia come il grado di regolazione delle emozioni dei bambini disfluenti, insieme alla loro modalità di reazione a situazioni emotivamente coinvolgenti, influenza la frequenza e la durata della balbuzie nella conversazione.
In generale, la balbuzie non è una malattia, ma è un disturbo emotivo-psicologico, che può essere corretto senza eccessive preoccupazioni e, soprattutto, senza alcuno strascico futuro.
Molti personaggi della storia sono stati balbuzienti, ma questo non ha impedito loro di diventare famosi, sotto tutti i punti di vista. L’italiano Paolo Bonolis, Marilyn Monroe, Winston Churchill, sono solo alcuni esempi.
Secondo l’approccio Cognitivo Comportamentale è auspicabile valutare il linguaggio del bambino al fine di delineare una diagnosi accurata sulla quale progettare un intervento altrettanto idoneo. Abbiamo già visto come la balbuzie debba considerarsi un disturbo con molte sfaccettature e dunque, in quanto tale, necessita l’inquadramento dal punto di vista cognitivo, emotivo, sociale, motorio e linguistico.
Ecco i nostri consigli:
Quali emozioni proviamo:
“Che ansia”
“Quando non riesce a finire una parola mi sento a disagio”
“Mi fa tenerezza, ma anche rabbia”
Cosa pensiamo:
“Ma balbetterà per sempre?”
“Lo prenderanno in giro sicuramente”
“In adolescenza sarà terribile per lui”
Cosa facciamo:
“Marco, ripeti bene concentrati!”
“Chiamo la pediatra”
“La pediatra mi ha detto di aspettare, ma io sento una logopedista”
Cosa possiamo fare nel concreto
Quando il bambino balbetta cercate di prestare attenzione a cosa dice e non solo a come lo dice
- Parlate con il bambino del cambiamento che sta vivendo, anche attraverso storie/fiabe o esperienze personali che vi riguardano
- Provate a raccontare al bimbo anche le vostre emozioni (ad esempio: a volte mi sento che ti parlo sopra perché vorrei aiutarti, a volte mi dispiace se provi fatica)
- Rispettate i turni della conversazione, senza concludete al posto del bambino le frasi che lui stesso ha intenzione di pronunciare anticipandolo nella riflessione
- Concedete il tempo necessario per esprimersi
- Ascoltate attivamente, trasmettendo attraverso il vostro comportamento non verbale un interesse per ciò che dice e non per le modalità in cui lo sta facendo
- Cercate di non dispensare consigli mentre sta parlando come ad esempio “prima di parlare pensa bene”, “respira bene, senza agitarti”… potreste ottenere l’effetto contrario!
- Provate, insieme a vostro figlio, a dare un nome alle emozioni che sta e state provando, riconoscendo quando arriva e facendo insieme esempi di come ognuno si sente in compagnia dell’emozione che prova.
E se balbetta ancora dopo 6 mesi?
Se la balbuzia si protrae per più di 6 mesi circa, il consiglio è di informare il pediatra al fine di richiedere un intervento psico-educativo e logopedico.
Nell’ICD-10 (un manuale in cui sono descritte le diagnosi psicologiche), la balbuzie è inserita in Altri disturbi caratterizzati da un esordio infantile.
Per poter diagnosticare questo disturbo, i criteri specifici sono i seguenti:
- frequenti ripetizioni o prolungamenti di suoni, sillabe, o parole, o da frequenti esitazioni o pause, persistenti o ricorrenti di intensità tale da disturbare in maniera accentuata il flusso dell’eloquio;
- l’anomalia nella scorrevolezza interferisce con i risultati scolastici o professionali o con la comunicazione sociale