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DSA e la necessità di un nuovo Mindset

Ci deve essere uno strano disegno intorno alla mia vita e ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA): sono stati l’argomento della mia tesi di dottorato, il tema su cui ho fatto più ricerche, il motivo per cui ho aperto Tice e due su tre dei miei figli hanno un disturbo specifico dell’apprendimento.

Grazie a questo strano disegno di vita ho potuto osservare i bambini con disturbi specifici e le loro famiglie con molti occhi: da ricercatore, da psicologa e da mamma.
Ed è proprio con questi occhi di genitore che ho spiato più da vicino cosa succede nelle case, finita la scuola e terminati i dopo scuola.
Si perché anche li, anche se non si vede, il DSA c’è.
Ed è proprio in quel “lì” che vorrei portarvi con questa lettura.

Il voto è davvero la cosa più importante?

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Ormai lo sappiamo tutti i DSA sono 4: dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia. Sappiamo che sono specifici rispetto a un’area (lettura, scrittura o calcolo) e che il bambino/a ha un’intelligenza nella norma. Molto è stato fatto per i DSA, la legge 170 del 2010 ha sicuramente dato un impulso alla formazione degli insegnanti e ha generato e diffuso cultura e conoscenza su questo tema anche tra le famiglie.
Grazie alla legge 170 del 2010 i bambini e i ragazzi con DSA sono più consapevoli del loro potenziale, hanno diritto a strumenti compensativi e misure dispensative ma, nonostante questo, la maggior parte di loro non ama imparare, non vuole fare i compiti, abbandona la scuola e, ahimè, quasi ogni DSA si auto valuta come “svolgliato” e dice di se stesso di “non essere portato per la scuola”.

Come mai?

Perché i bambini e ragazzi con DSA ancora non sono studenti che si sentono bravi?

Cosa manca?

La mia sensazione da clinica ma anche la mia percezione umana è che la tutta la scuola ovvero tutte le materie che si imparano a scuola siano pensate per studenti senza DSA.
Per farvi capire provo con un paragone che riguarda la salute fisica: imaginate un bambino con un problema genetico al piede che gli rende impossibile correre veloce.
Ora immaginatevi che quel bambino debba andare in una scuola sportiva in cui si propongono tutti gli sport esistenti.
Viene molto semplice pensare che per quel bambino sarebbe molto difficile avere successo nella corsa in sé ma anche negli altri sport in cui la corsa, anche se non l’unico, è un elemento importante come la pallacanestro o il calcio.
Anche se la scuola fosse la più accogliente e anche se i docenti fossero i più informati del mondo sulle difficoltà del piede, come si sentirebbe secondo voi quel bambino?

Se provate ad immedesimarvi in quel bambino sono certa che riusciate vedere la sua tristezza, il suo senso di inefficacia, il suo avere quell’amara certezza che… non avrà mai successo.

Perché ve ne parlo? Che c’entra questa storia del bambino che non sa correre con i DSA?

Ecco la spiegazione.
Molti ricercatori stanno spostando il focus di ricerca sul deficit dei bambini con DSA dalle abilità scolastiche: lettura, calcolo e scrittura alle funzioni esecutive.
Le Funzioni Esecutive si riferiscono alle capacità cognitive coinvolte nell’iniziazione, pianificazione, organizzazione e regolamentazione dei comportamenti, sono insomma sono le funzioni superiori proprio tipiche degli esseri umani.
Ecco dunque, i ricercatori stanno mettendo in luce come il reale deficit che accomuna i DSA non è una specifica caduta in lettura, scrittura o calcolo ma sembra essere relativo a una generale “inefficienza” della memoria di lavoro che è appunto una delle funzioni esecutive.
La memoria di lavoro è quella memoria che mantiene le informazioni in mente per il tempo necessario a processare, lavorare e manipolare le stesse.
È difficile da immaginare perché, diversamente dal problema al piede, non si vede, ma è coinvolta nella maggior parte delle attività scolastiche ma ahimè è soprattutto coinvolta nella maggior parte (se non tutte) le modalità con cui siamo soliti verificare l’apprendimento.

Insomma cosa voglio dire?

La memoria di lavoro sta al rendimento scolastico come il problema al piede sta allo sport.
Anche se gli insegnanti sono formati, i bambini consapevoli e i genitori collaboranti ogni studente con DSA sentirà ancora quello che sente un bambino con un problema al piede nella scuola di sport.
Sentirà che la scuola non fa per lui.

E quindi?

Quindi è necessario, dal mio punto di vista, ripensare ad una scuola che sia in grado di offrire opportunità di apprendimento e verifica che non “implichino” l’uso di quella memoria.
Opportunità e occasioni che diano modo al quel 5% di studenti DSA che occupano le aule delle nostre scuole di mostrarci cosa c’è nella loro mente.

E voi cosa ne pensate? Scrivetecelo nei commenti! 

Francesca Cavallini | Presidente Tice Piacenza

Francesca Cavallini
Psicologa, Fondatrice di Tice, Docente presso l’Università degli Studi di Parma

Dopo la laurea in psicologia, grazie alla supervisione del suo mentore, la prof.ssa Silvia Perini, ha iniziato il dottorato di ricerca che l’ha portata a studiare e fare ricerca sul precision teaching. Durante il dottorato ha avuto la possibilità di viaggiare in America e conoscere il professor Carl Binder che l’ha guidata nello studio dei principi ABA nella gestione dell’impresa. Tornata in Italia ha fondato Tice e da allora si occupo di innovazione sociale e ricerca applicata coniugando così i suoi più grandi interessi: Università e persone.

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